Se nel Medioevo la santità di un giovane assisano ha riportato alla luce la radicalità del Vangelo, oggi più che mai sarà la santità della famiglia ad annunciare quella Pace e quel Bene che sono radicati solo in Dio. Sarà il volto della comunione degli sposi, per la fedeltà vissuta come virtù, a ridare al mondo lo splendore dell’essenza di Dio, che è, appunto, Amore instancabile perché fedele. Ecco perché abbiamo tradotto, da sposi, ciò che abbiamo ricevuto da Francesco e Chiara: il Vangelo a partire dalla Famiglia.

Quei tre nodi, che Francesco strinse nel cingolo del suo saio per esprimere i tre voti di povertà – castità – obbedienza, sono fondamento essenziale anche della vita coniugale e familiare, poiché sono sospinti dalla dinamica del Vangelo. Essi significano per l’Arca di Nazareth la chiamata evangelica a vivere un continuo e radicale rinnovamento interiore, come dice il Concilio Vaticano II: «La santità della Chiesa è in modo speciale favorita dai consigli che il Signore nel Vangelo propone all’osservanza dei discepoli» (Lumen Gentium n. 42).

Ma cosa significa vivere questi tre consigli evangelici per la coppia secondo il nostro cammino? Vediamoli velocemente insieme. Obbedienza diventa “inter-obbedienza”, cioè obbedienza reciproca fra i coniugi nel rispetto dei ruoli (uomo-donna, marito-moglie, padre-madre), destinata a favorire la comunione nella coppia e nella famiglia.

Castità è la realtà della fedeltà che i due vivono sotto lo sguardo di Dio, rendendoli puri nel cuore.

Povertà è il vivere l’accoglienza reciproca, nella mutua donazione che esercita il cuore a non possedersi.

In questi tre “consigli evangelici” vissuti “nel” e “col” Matrimonio, troviamo la via e la scuola per poterci donare agli altri. Una scuola dove anche i figli imparano a scegliere l’essenziale, proprio in un tempo in cui regna la “patologia” del consumismo.

La povertà, la castità e l’obbedienza, dunque, in quanto virtù realizzano in Dio-Amore quella comunione a cui siamo chiamati “per vocazione”. Obbedire all’Amore libera l’uomo e lo rende simile all’essenza dell’Amore, cioè a Gesù obbediente al Padre: l’amore fra gli sposi diventa, così, il frutto di un cuore libero. Quell’annuncio di amore fraterno, che è stato capace di cambiare il mondo da Assisi, deve ri-partire, dunque, dall’amore comunionale degli sposi, gridato dai tetti delle nostre case.

Sì… dal convento alla Chiesa domestica. È l’Esortazione apostolica Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II che ci incoraggia: «Una rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana che anche per questo può e deve dirsi “Chiesa domestica”» (n. 21).

(Dal libro “Famiglia va’ e ripara la mia casa” – Ed. San Paolo – Autori Coniugi Mannoia)

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