Non abbiamo una Regola ma uno stile di vita che costituisce una “Mistica nuziale”.

Nella nostra spiritualità sono state chiare ed essenziali, sin dall’inizio, le radici francescane. Più che ritrovarci tra gli ordini della fondazione del Santo di Assisi, ci siamo ritrovati nella Sua geniale ed ancora attuale intuizione: “riparare”. Ma cosa vuol dire riparare? Per comprendere il sentimento di Francesco è necessario comprendere che in un tempo in cui la Chiesa riconosceva l’ascesi più alta dentro la “struttura” monastica (il monastero), dove l’uomo si distaccava dal mondo completamente per avvicinarsi a Dio, Francesco indicava l’evangelizzazione con la vita comune. Quel Dio, che stava nei monasteri, doveva raggiungere tutti anche fuori da quelle mura. Francesco, da laico, capisce che per divenire santo è importante vivere il Vangelo a prescindere dal luogo e dallo status vitae. Un’intuizione geniale che anticipa il Concilio Vaticano II. Rivoluziona tutta la mentalità della Chiesa del tempo, che fa fatica a comprenderlo. Nasce la sfida francescana: la fraternità, il Vangelo e la santità per tutti. Una vita all’insegna dell’Amore evangelico come le prime comunità cristiane in cui i fratelli gareggiavano nell’amore, sperimentando la condivisione. In fondo S. Francesco ha intuito che si doveva riportare alla luce la Luce e ritornando alle origini ha custodito la linfa vitale della Chiesa: l’amore a Dio (amare l’Amore non amato). Nella nostra esperienza di vita abbiamo dato molto importanza a questo aspetto di fraternità, proprio per sperimentare la legge dell’amore autentico che cresce se ci mette a confronto col fratello. Non si diventa santi da soli. Ma “riparare” significa ricominciare, riportare alle origini, proteggere.

Per l’Arca è custodire. Custodire vuol dire mantenere viva qualcosa.

Come gli ebrei ricordano e tramandano lo Shemà in famiglia, anche noi desideriamo vivere il Vangelo sin dall’ambiente familiare, tanto da poter dire che la famiglia ha una sua mistica profonda, se il Vangelo diventa vita. La mistica nuziale, però, nella nostra esperienza, è una mistica che parte dall’immagine degli sposi ma che non è solo degli sposi, né intende costituire una pastorale familiare. 

Infatti, non propone una pastorale familiare, ma una vita ascetica nell’ottica del rapporto nuziale che noi Chiesa viviamo con Cristo Sposo. Così possiamo toccare il cuore e lo spirito non solo degli sposi con o senza figli, ma tutti gli stati di vita che nella Chiesa fanno un cammino spirituale.

Dice Santa Teresa d’Avila: “Non ci si eleva se Dio non ci eleva”; per cui la mistica in quanto “esperienza” è la violenta, improvvisa, irruzione di Dio nell’anima, l’unione profonda che si attua tra l’anima e Dio stesso. Ecco perché Gesù dice che il Regno di Dio è dei violenti. La mistica non è costituita da uno sforzo umano, ma dal permettere a Dio di prendere completo possesso della nostra vita così da poter parlare d’incendio d’amore, come direbbero i classici mistici, illuminazione, dono di grazia immeritata. Quindi possiamo dire che una mistica nuziale è: “il lasciarsi sedurre completamente da Cristo Sposo”. E se il Signore ci seduce come potremmo vivere senza di Lui? Ecco che gli sposi comprendono la coabitazione con Dio nella loro casa. Questa casa diviene il luogo dello Spirito, il “Sancta Sanctorum” (oseremmo dire) proprio per la sacralità del luogo, tempio dell’Amore come diceva il Pontefice Paolo VI.

Tutto diventa sacro, consacrato, unto di grazia.

(cfr. “Famiglia va’ e ripara la mia casa”)